ABSTRACT: La ricerca, riguardante le origini del doppio grado di giurisdizione, rappresenta per l’Autore un punto di partenza per considerare, nella sua complessità, il rapporto fra potere imperiale, processo extra ordinem e mezzi di gravame nel primo secolo dell’impero. La constata-zione che Augusto ed i suoi successori, pur occupandoci assiduamente dell’amministrazione della giustizia, non disciplinino legislativamente la nuova procedura è la fondamentale anomalia stori-co-ricostruttiva da cui muove la ricerca. L’esame di Svetonio, Augusto 33, e di Cassio Dione, 51.19.5-7, portano l’autore a considerare come non del tutto adeguato a questo momento storico, il concetto di appello, invalso in dottrina, come ‘rimedio ad una sentenza formalmente valida’. Questa definizione potrebbe infatti essere calzante laddove si considerasse l’istituto nella sua fase più matura, coincidente con l’età dei Severi e con l’elaborazione scientifica che nei loro libri de appellationibus svolgono i giuristi. Ma essa appare insoddisfacente per le origini e per le prime manifestazioni dell’istituto, in cui appellare presenta una connotazione incerta e tale da condizio-nare la stessa definibilità dell’istituto che tuttavia sembra assumere, sin dalle prime manifestazio-ni, il significato di decisione definitiva di una controversia. Nel tentativo di ricostruire la fase della nascita dell’istituto, la ricerca pone in luce come il po-tere di giudicare in seconda istanza presenti una forte coloritura politica, mentre la caratterizza-zione tecnico-processuale dell’appello si stempera, non essendo ancora maturi i presupposti pro-cessuali d’insieme affinché un tale potere si configuri con chiarezza di linee. L’impressione dell’autore è che si tratti di una attribuzione tecnicamente connotata dalle fonti come ‘processua-le’, ma incerta, perché fortemente caratterizzata, sul piano politico, dall’essere esercitata da un organo nuovo, il princeps, la cui figura costituzionale era essa stessa in formazione e si andava de-terminando al seguito dei fatti. Le difficili condizioni politiche in cui si muoveranno gli imperatori della dinastia giulio-claudia, l’instabilità anche psichica di taluno di essi, la presenza di una élite senatoria che ritrovava coesio-ne proprio per la debolezza di tali imperatori, avrebbero impedito una organica riforma proces-suale che potesse ricomprendere anche i mezzi di gravame. In questo quadro l’appello va emer-gendo come spia di un conflitto politico molto più ampio, i cui protagonisti rimangono l’imperatore ed il senato. Con l’appello Augusto compie, nell’ambito della sua rivoluzione politica e costituzionale una rivoluzione più circoscritta ma non meno dirompente nel campo del processo civile, mettendo in discussione il concetto di “definitività” della sentenza . Così l’appello diventa lo strumento efficace per avviare una complessa operazione di ‘isolamento’ del processo formulare e raggiungere due obiettivi che si saldano, completandosi a vicenda. Da un canto il princeps pone le basi per il pro-gressivo sfaldamento del preesistente apparato dell’amministrazione della giustizia, destinato a passare gradualmente nelle mani dei funzionari imperiali, ligi ed accorti ausiliari nel fare dell’amministrazione della giustizia un settore di intervento e di controllo politico di insospettata importanza. In secondo luogo ha agio di inserirsi egli stesso, in prima persona, nello svolgimento del processo, col peso di chi può mortificare senza dar conto delle proprie decisioni qualunque sentenza. Con l'appello Augusto chiude, dunque, il cerchio della sua politica giudiziaria, ponendo le basi per quella che un economista definirebbe una programmazione di lungo periodo: pone cioè le basi, in modo eccezionalmente lucido ed articolato, della gestione imperiale del potere giudizia-rio.

Двустепенната юрисдикция и политическата власт през първия век на Империята (Appello e gestione del potere imperiale nell'età giulio-claudia)

RANDAZZO, SALVATORE
2015-01-01

Abstract

ABSTRACT: La ricerca, riguardante le origini del doppio grado di giurisdizione, rappresenta per l’Autore un punto di partenza per considerare, nella sua complessità, il rapporto fra potere imperiale, processo extra ordinem e mezzi di gravame nel primo secolo dell’impero. La constata-zione che Augusto ed i suoi successori, pur occupandoci assiduamente dell’amministrazione della giustizia, non disciplinino legislativamente la nuova procedura è la fondamentale anomalia stori-co-ricostruttiva da cui muove la ricerca. L’esame di Svetonio, Augusto 33, e di Cassio Dione, 51.19.5-7, portano l’autore a considerare come non del tutto adeguato a questo momento storico, il concetto di appello, invalso in dottrina, come ‘rimedio ad una sentenza formalmente valida’. Questa definizione potrebbe infatti essere calzante laddove si considerasse l’istituto nella sua fase più matura, coincidente con l’età dei Severi e con l’elaborazione scientifica che nei loro libri de appellationibus svolgono i giuristi. Ma essa appare insoddisfacente per le origini e per le prime manifestazioni dell’istituto, in cui appellare presenta una connotazione incerta e tale da condizio-nare la stessa definibilità dell’istituto che tuttavia sembra assumere, sin dalle prime manifestazio-ni, il significato di decisione definitiva di una controversia. Nel tentativo di ricostruire la fase della nascita dell’istituto, la ricerca pone in luce come il po-tere di giudicare in seconda istanza presenti una forte coloritura politica, mentre la caratterizza-zione tecnico-processuale dell’appello si stempera, non essendo ancora maturi i presupposti pro-cessuali d’insieme affinché un tale potere si configuri con chiarezza di linee. L’impressione dell’autore è che si tratti di una attribuzione tecnicamente connotata dalle fonti come ‘processua-le’, ma incerta, perché fortemente caratterizzata, sul piano politico, dall’essere esercitata da un organo nuovo, il princeps, la cui figura costituzionale era essa stessa in formazione e si andava de-terminando al seguito dei fatti. Le difficili condizioni politiche in cui si muoveranno gli imperatori della dinastia giulio-claudia, l’instabilità anche psichica di taluno di essi, la presenza di una élite senatoria che ritrovava coesio-ne proprio per la debolezza di tali imperatori, avrebbero impedito una organica riforma proces-suale che potesse ricomprendere anche i mezzi di gravame. In questo quadro l’appello va emer-gendo come spia di un conflitto politico molto più ampio, i cui protagonisti rimangono l’imperatore ed il senato. Con l’appello Augusto compie, nell’ambito della sua rivoluzione politica e costituzionale una rivoluzione più circoscritta ma non meno dirompente nel campo del processo civile, mettendo in discussione il concetto di “definitività” della sentenza . Così l’appello diventa lo strumento efficace per avviare una complessa operazione di ‘isolamento’ del processo formulare e raggiungere due obiettivi che si saldano, completandosi a vicenda. Da un canto il princeps pone le basi per il pro-gressivo sfaldamento del preesistente apparato dell’amministrazione della giustizia, destinato a passare gradualmente nelle mani dei funzionari imperiali, ligi ed accorti ausiliari nel fare dell’amministrazione della giustizia un settore di intervento e di controllo politico di insospettata importanza. In secondo luogo ha agio di inserirsi egli stesso, in prima persona, nello svolgimento del processo, col peso di chi può mortificare senza dar conto delle proprie decisioni qualunque sentenza. Con l'appello Augusto chiude, dunque, il cerchio della sua politica giudiziaria, ponendo le basi per quella che un economista definirebbe una programmazione di lungo periodo: pone cioè le basi, in modo eccezionalmente lucido ed articolato, della gestione imperiale del potere giudizia-rio.
2015
appello; cognitio extra ordinem; Augusto
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12572/415
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